jago (I am not what I am-primo studio)

da shakespeare
di e con oscar de summa

progettazione paesaggio visivo e sonoro ryoji's rève

in collaborazione con la corte ospitale


Dalla notte di Venezia alla notte di Cipro, l'oscurità notturna avvolge Otello, incombe sui personaggi, fa di quel nero un manto che tutto copre: Otello è la notte! Così dice Victor Hugo in uno dei suoi saggi. Di tutte le opere di Shakespeare infatti questa è l'unica che si apra e si chiuda su una scena notturna. Tra la notte guerresca e amorosa di Venezia e la notte di pace e di morte di Cipro si compie la vicenda dei personaggi, si delinea il singolarissimo percorso di una tragedia che non muove da un evento personale, individuale per giungere a dimensioni progressivamente più vaste come nelle nelle altre tragedie shakespeariane, ma passa da un evento pubblico, nazionale, verso una condizione di dramma personale, privato. Inoltre non vi è nel dramma un autentica concatenazioni di fatti , non vi è un personaggio/causa che determina la tragedia, tranne che nell'avvio, ma al contrario essa si rivela proprio perché i fatti sfuggono al controllo,sfuggono al buon senso, alla nostra capacita di discernere, al di la di ogni paradosso logico e deduttivo: è apparentemente assente una dimensione cosmica. Risulta così che questo è il testo shakespeariano in cui più nettamente si ripresenta una situazione del teatro medioevale: il diavolo, qui individuato in Jago, prende al laccio, al di la delle nostre forze, il corpo e l'anima. Gestisce i fili della trama perche tutto vada nella direzione desiderata ovvero la distruzione del moro e della sua dolce consorte. Una tragedia diversa questa che presenta "il male" in modo diretto e quasi senza motivazione, che a noi risulta sempre e comunque impossibile da concepire e proprio per questo possiamo leggere in quest'opera l'opera più contemporanea di Shakespeare proprio perché il dramma è tutto personale e privato.

Dopo una scena iniziale privata affatto di tragicità ma esemplata da una situazione tipica della commedia dell'arte si passa alternativamente dal pubblico al privato e viceversa e ci obbliga a occuparci di fatti privati riguardanti il moro, il nero, per poter riavere a disposizione la funzione pubblica di Otello, cioè il generale in un momento di emergenza. Non per questo però perdiamo il nostro pregiudizio di fronte al diverso, imputando per esempio l'amore di Desdemona a pratiche magiche e non al semplice incontro tra anime. Forse non c'è niente di più contemporaneo come questo pregiudizio. E se sostituiamo la parola invidia li dove dovremmo leggere incapacità o fallimento, nelle vite dei vari personaggi, in primis Jago appunto, allora ci troviamo di fronte ad una miscela sociale esplosiva che si lascia nella cronaca testimonianze scioccanti. Ma è a teatro che siamo, nel luogo dove un solo attore,come un vecchio attore di commedia dell'arte, fa i conti con i versi del bardo per ccorgersi di quanto il nostro piccolo quotidiano sia intriso di piccoli indistruttibili pregiudizi. Ed è così che tra una risata e un ghigno giungiamo al momento in cui la bellezza, ai nostri occhi Desdemona, viene uccisa, realmente e metaforicamente dall'uomo così incapace di accoglierla, di viverla.