un otello altro
da shakespeare
di e con oscar de summa

on stefano cenci, antonio perrone, mauro pescio

disegno luci marco stefanini

maschere andrea cavarra

una produzione la corte ospitale


Dalla notte di Venezia alla notte di Cipro, l'oscurità notturna avvolge Otello, incombe sui personaggi, fa di quel nero un manto che tutto copre: Otello è la notte! Così dice Victor Hugo in uno dei suoi saggi. Di tutte le opere di Shakespeare infatti questa è l'unica che si apre e si chiude  su una scena notturna. Tra la notte guerresca e amorosa di Venezia  e la notte di pace e di morte di Cipro si compie la vicenda dei personaggi, si delinea il singolarissimo percorso di una tragedia che non muove da un evento personale, individuale, per giungere a dimensioni progressivamente più vaste come nelle altre tragedie shakespeariane; ma passa da un evento pubblico, nazionale, verso una condizione di dramma personale, privato. Inoltre non vi è nel dramma un’ autentica concatenazioni di fatti , non vi è un personaggio/causa  che determina la tragedia, tranne che nell'avvio, ma al contrario essa si rivela proprio perché i fatti sfuggono al controllo,sfuggono al buon senso, alla nostra capacita di discernere con i sentimenti, al di la di ogni paradosso logico e deduttivo: è apparentemente assente una dimensione cosmica. Risulta così che questo è il testo shakespeariano in cui più nettamente si ripresenta una situazione del teatro medioevale: il diavolo ( qui individuato in Jago) prende al laccio, al di la delle nostre forze, il corpo e l'anima. Ma contemporaneamente possiamo leggere in quest'opera l'opera più contemporanea di Shakespeare proprio perché il dramma è tutto personale e privato.
Dopo una scena iniziale privata affatto di tragicità ma esemplata da una situazione tipica della commedia dell'arte si passa alternativamente dal pubblico al privato e viceversa e ci obbliga a occuparci di fatti privati riguardanti il moro, il nero, così disprezzato, così diverso, per poter riavere a disposizione la funzione pubblica di Otello, cioè il generale, l’efficace guerriero, il necessario salvatore, in un momento di emergenza e necessità della repubblica. Non per questo però perdiamo il nostro pregiudizio di fronte al diverso,  imputando per esempio l'amore di Desdemona a pratiche magiche e non al semplice incontro tra anime. Forse non c'è niente di più contemporaneo come questo pregiudizio. E se sostituiamo la parola invidia li dove dovremmo leggere incapacità o fallimento, nelle vite dei vari personaggi, in primis in quella di Jago, allora ci troviamo di fronte ad una miscela sociale esplosiva che si lascia nella cronaca testimonianze disarmanti. Ma è a teatro che ci troviamo, nel luogo dove, come una vecchia compagnia di commedia dell'arte, i nostri prenderanno le mosse per raccontare questa storia, per accorgersi di quanto il nostro piccolo quotidiano sia intriso di piccoli indistruttibili pregiudizi, dove le belle parole si frantumano di fronte alle reali necessità, proprio nelle piccole invidie tra colleghi… Ed è così che tra una risata e un ghigno giungiamo al momento in cui la bellezza, ai nostri occhi Desdemona, viene uccisa, realmente e metaforicamente, dall'uomo così incapace di accoglierla, di viverla, senza pregiudizi!

"...è meglio essere ingannati davvero

che averne solamente il sospetto..."